
Non parla che qualche parola di tedesco, eppure il compagno di squadra Fuchs non ha difficoltà ad intendere quello che gli sta dicendo, mentre rientrano a centrocampo dopo il momentaneo 1-1. Minuto 22’, Gelsenkirchen, quarti di finale, Europa League: lui segna ma non esulta, si preoccupa di dare disposizioni e rimbrottare i compagni, è l’allenatore in campo e si esprime in castillano.
Si scrive Raùl Gonzàlez Blanco, si pronuncia semplicemente Raùl, si legge Leggenda.
Al minuto 59’, sempre ieri sera, sempre Gelsenkirchen, il numero 7 dello Schalke 04 ha giustamente esultato: perché la rete sanciva il 2-1, perché è stata una pennellata mancina e volante di straordinaria fattura, perché è stato il sigillo numero 76 nelle competizioni Uefa (il più vicino è Pippo Inzaghi, 70 centri), l’ennesima perla di una carriera lunghissima e a testa alta. A fine gara però non sorrideva granchè, la sua squadra è uscita sconfitta.
Lui è così, che sia allenamento, gara ufficiale o calcio tennis con gli amici, il sussurro della vittoria è troppo intenso per non ascoltarlo.
La sua storia ha inizio dalla squadra del quartiere San Cristòbal de Los Angeles, periferia della capitale Madrid in cui nasce il 27 giugno del 1977; per poter far parte degli Alevin (l’equivalente dei nostri pulcini) falsifica il suo primo cartellino, usando un nome inventato – Dani – e modificando la propria età.
Lui è così, il pallone è un richiamo antico e profondo, da assecondare ad ogni costo.
Milita tre stagioni nel San Cristòbal e a 13 anni, nel 1990, passa all’Atletico Madrid grazie all’insistenza del padre Pedro, grande tifoso dei Colchoneros, che lo convince a firmare. Raùl è forte, si impone all’attenzione di tutti con 146 presenze e 67 reti, ma il presidente Gil sopprime le giovanili a causa di un profondo dissesto finanziario della società in riva al Manzanarre; in agguato c’è già quella maglia che diventerà presto la sua seconda pelle: inizia la storia d’amore tra il ragazzo di periferia e il Real Madrid.
Nelle giovanili delle merengues esplode, arrivando alla strabiliante cifra di 180 marcature in 83 gare, 125 delle quali in campionato. Lui è così, il goal è il vero fluido vitale che gli scorre dentro, impossibile non andargli dietro.
Il 29 ottobre 1994 arriva l’esordio con la prima squadra e anche se Raùl ha poco più di 17 anni la personalità è già quella di un leader, gli basta una settimana per realizzare il primo centro nella Liga, il 5 novembre contro il Real Saragozza. Meno di un anno dopo, giunge anche il momento di assaggiare il palcoscenico più prestigioso per una squadra di club, la Champions League e un mese più tardi, il giovane talento della cantera madridista si toglie la prima soddisfazione internazionale con la rete al Ferencvaros. Quasi vent’anni dopo le sue marcature nella competizione sono 71 in 144 incontri e la voglia di stupire e non mollare è intatta come allora. Lo dimostra l’essere emigrato in Germania, alla corte dello Schalke, contro il parere un po’ disgustato di tanti calciofili o sedicenti tali: “non si ambienterà”, “lo fa solo per soldi”, “è vecchio”. Che bello poter dire che si sono sbagliati, di grosso anche.
Per quelli che amano le statistiche o che sono troppo piccoli per essersi goduti il suo percorso sin dagli albori, diremo brevemente che con la maglia del Real ha vinto 3 Coppe dei Campioni, 2 Intercontinentali, 6 Liga e ha totalizzato 741 presenze per 323 reti, risultando Pichichi nel 1999 e nel 2001; aggiungeremo che complessivamente nel massimo campionato spagnolo ha messo insieme 550 gettoni gonfiando la rete 228 volte (record ancora imbattuto, ma Messi è dietro la curva) e servendo i compagni in 83 occasioni vincenti. E’ il secondo marcatore di sempre della sua Nazionale, 44 goal (solo Villa meglio di lui con 51).
Per gli amanti del fair play sottolineeremo che non è mai stato espulso; per quelli che trovano ingiusto il metro con cui si giudica un giocatore, ricorderemo che non ha mai vinto il Pallone d’Oro – è arrivato secondo nel 2001.
Infine, per gli “addicted to gossip”, inquadreremo la sua famiglia: una moglie ex modella di nome Mamen Sanz, 5 figli, nessun grillo per la testa se non quel pallone da spingere nelle porte avversarie.
Perché lui è così davvero, semplice e carismatico, leader che gioca per gli altri, uomo vero, rappresentante di un calcio romantico e in via di estinzione.
Come te, Raùl Gonzalez Blanco, pochi altri ci hanno fatto innamorare di questo sport un po’ assurdo e controverso, ma terribilmente poetico.
Come voi, nessuno mai.